venerdì 23 novembre 2012

Lo SPREAD in parole semplici


Da alcuni mesi sui titoli dei quotidiani e nei telegiornali campeggia su tutti un nuovo termine: lo spread. 
Fioriscono canzoncine, battute dei comici più famosi, libri, dibattiti televisivi con questa parola nuova che e’ entrata prepotentemente a far parte del linguaggio comune: lo spread.
La familiarità con i termini di economia e finanza diffusa ormai a tutti i livelli non sempre è di aiuto nel comprendere fino in fondo l’importanza di questo nuovo indicatore che influenza le scelte di politica fiscale nazionale ed europea.
Partiamo dalla traduzione dall’inglese, spread significa differenza, cioè divario tra due valori, il termine si usa anche in contesti diversi da quelli economici.
Quando i fragorosi lanci dei telegiornali o le home page dei siti di informazione, a caratteri cubitali, segnalano che lo spread è aumentato, la gente comune ha già intuito che c’è un problema, si tratta di una questione negativa, pur non percependo la reale portata del problema.
Lo spread è la differenza tra quanto rende un titolo di stato con scadenza a 10 anni emesso dallo Stato italiano e quanto rende un titolo di Stato tedesco, ritenuto universalmente più solido ed affidabile.


Annunciare che lo spread tra questi due titoli e’ del 4,8% significa che se il titolo di Stato tedesco rende l’1%, quello italiano rende il 5,8% (cioè 1% più lo spread di 4,8%).

Rendimento
Spread


 p.b
   %
Germania
1,33%
-

Australia
3,04%
241
2,41%
Austria
1,75%
42
0,42%
Francia
2,07%
73
0,73%
Giappone
0,73%
-60
-0,60%
Grecia
17,58%
1625
16,25%
Inghilterra
1,71%
38
0,38%
Italia
4,97%
363
3,63%
Portogallo
8,64%
731
7,31%
Spagna
5,85%
451
4,51%
Stati Uniti
1,60%
27
0,27%
Svezia
1,40%
6
0,06%
Svizzera
0,42%
-92
-0,92%




fonte: elaborazione su dati Sole 24 ore 14/11/12


Fin qua è pura matematica, in realtà quanto più si allarga lo spread, cioe’ diventando magari il 5% o il 6%, tanto più lo Stato italiano viene ritenuto più rischioso, cioè si suppone che l’Italia possa avere più difficoltà a rimborsare i propri debiti.
Di contro maggiore è la credibilità di una nazione, maggiore è il senso di responsabilità che suscita e minore diventa il rischio percepito dai mercati finanziari nel prestargli denaro. Nella tabella risulta evidente come attualmente la Grecia sia considerata la più rischiosa, mentre Giappone e Svizzera, avendo uno spread negativo, sono addirittura meno rischiose della Germania. A questo punto è necessario un piccolo chiarimento tecnico; la stampa finanziaria esprime lo spread in punti base (p.b.) e pertanto lo spread dell’Italia il 14 novembre 2012 era del 3,63% ed equivaleva a 363 punti base.



E’ bene ricordare che i titoli di stato non sono altro che dei prestiti che i cittadini fanno allo Stato Italiano prestabilendo un determinato rendimento (tasso d’interesse) e che alla scadenza verranno rimborsati. Nel passato l’Argentina che aveva emesso titoli di stato a rendimenti molto alti, di gran lunga superiori a quello che i mercati finanziari offrivano, non hanno più rimborsato tutto il capitale preso a prestito ma solo una parte minima. Questo rischio concreto che gli Stati possano non rimborsare i debiti contratti con i risparmiatori si traduce in maggiore tasso di interesse che uno Stato che si indebita corrisponde all’investitore (privati cittadini, banche, società d’investimento) per invogliarlo a farsi prestare i soldi. Maggiore è il rendimento di un investimento finanziario e maggiore è il rischio.
Quindi gli Stati ritenuti piu’ solvibili, USA e Germania,  pagano un tasso di interesse molto basso a coloro che volessero sottoscrivere i propri prestiti perché vengono ritenuti dei “porti sicuri” in cui
collocare i propri soldini e ciò permette a quelli stati di risparmiare molte risorse finanziarie statali per il totale di interessi che pagano sul proprio debito pubblico, costruendo quindi con questi risparmi molti più ponti, scuole e autostrade.
Per la  montagna del debito pubblico italiano, che e’ arrivato quasi al valore record di 2 mila miliardi di euro, considerando un tasso di interesse in media del 4% allora si determina  un costo all’anno per interessi pari a 80 miliardi di euro, quindi un aumento dello spread dell’ 1% si traduce in un costo aggiuntivo di 20 miliardi di euro all’anno.

Ecco da cosa nasce la morbosa attenzione allo spread.
In parole semplici, se aumenta lo spread aumenta il costo del debito pubblico e ci sono quindi minori risorse statali da destinare a opere pubbliche o a ridurre le tasse che tutti paghiamo.

Stefano Martemucci

 

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