Da alcuni mesi sui titoli dei quotidiani e nei telegiornali
campeggia su tutti un nuovo termine: lo spread.
Fioriscono canzoncine,
battute dei comici più famosi, libri, dibattiti televisivi con questa parola
nuova che e’ entrata prepotentemente a far parte del linguaggio comune: lo
spread.
La familiarità con i termini di economia e finanza diffusa
ormai a tutti i livelli non sempre è di aiuto nel comprendere fino in fondo
l’importanza di questo nuovo indicatore che influenza le scelte di politica fiscale
nazionale ed europea.
Partiamo dalla traduzione dall’inglese, spread significa differenza, cioè divario tra due valori,
il termine si usa anche in contesti diversi da quelli economici.
Quando i fragorosi lanci dei telegiornali o le home page dei
siti di informazione, a caratteri cubitali, segnalano che lo spread è aumentato,
la gente comune ha già intuito che c’è un problema,
si tratta di una questione negativa, pur non percependo la reale portata del
problema.
Lo spread è la differenza tra quanto rende un titolo di
stato con scadenza a 10 anni emesso dallo Stato italiano e quanto rende un
titolo di Stato tedesco, ritenuto universalmente più solido ed affidabile.
Annunciare che lo spread tra questi due titoli e’ del 4,8%
significa che se il titolo di Stato tedesco rende l’1%, quello italiano rende
il 5,8% (cioè 1% più lo spread di 4,8%).
Rendimento
|
Spread
|
||
p.b
|
%
|
||
Germania
|
1,33%
|
-
|
|
Australia
|
3,04%
|
241
|
2,41%
|
Austria
|
1,75%
|
42
|
0,42%
|
Francia
|
2,07%
|
73
|
0,73%
|
Giappone
|
0,73%
|
-60
|
-0,60%
|
Grecia
|
17,58%
|
1625
|
16,25%
|
Inghilterra
|
1,71%
|
38
|
0,38%
|
Italia
|
4,97%
|
363
|
3,63%
|
Portogallo
|
8,64%
|
731
|
7,31%
|
Spagna
|
5,85%
|
451
|
4,51%
|
Stati Uniti
|
1,60%
|
27
|
0,27%
|
Svezia
|
1,40%
|
6
|
0,06%
|
Svizzera
|
0,42%
|
-92
|
-0,92%
|
fonte: elaborazione su dati Sole 24 ore
14/11/12
|
Fin qua è pura matematica, in realtà quanto più si allarga
lo spread, cioe’ diventando magari il 5% o il 6%, tanto più lo Stato italiano
viene ritenuto più rischioso, cioè si suppone che l’Italia possa avere più
difficoltà a rimborsare i propri debiti.
Di contro maggiore è la credibilità di una nazione, maggiore
è il senso di responsabilità che suscita e minore diventa il rischio percepito
dai mercati finanziari nel prestargli denaro. Nella tabella risulta evidente
come attualmente la Grecia sia considerata la più rischiosa, mentre Giappone e
Svizzera, avendo uno spread negativo, sono addirittura meno rischiose della
Germania. A questo punto è necessario un piccolo chiarimento tecnico; la stampa
finanziaria esprime lo spread in punti
base (p.b.) e pertanto lo spread
dell’Italia il 14 novembre 2012 era del 3,63% ed equivaleva a 363 punti base.
E’ bene ricordare che i titoli di stato non sono altro che
dei prestiti che i cittadini fanno allo Stato Italiano prestabilendo un determinato
rendimento (tasso d’interesse) e che alla scadenza verranno rimborsati. Nel
passato l’Argentina che aveva emesso
titoli di stato a rendimenti molto alti, di gran lunga superiori a quello che i
mercati finanziari offrivano, non hanno più rimborsato tutto il capitale preso
a prestito ma solo una parte minima. Questo rischio concreto che gli Stati
possano non rimborsare i debiti contratti con i risparmiatori si traduce in
maggiore tasso di interesse che uno Stato che si indebita corrisponde
all’investitore (privati cittadini, banche, società d’investimento) per
invogliarlo a farsi prestare i soldi. Maggiore
è il rendimento di un investimento finanziario e maggiore è il rischio.
Quindi gli Stati ritenuti piu’ solvibili, USA e Germania, pagano un tasso di interesse molto basso a coloro
che volessero sottoscrivere i propri prestiti perché vengono ritenuti dei
“porti sicuri” in cui
collocare i propri soldini e ciò permette a quelli stati di risparmiare
molte risorse finanziarie statali per il totale di interessi che pagano sul
proprio debito pubblico, costruendo quindi con questi risparmi molti più ponti, scuole e autostrade.
Per la montagna del
debito pubblico italiano, che e’ arrivato quasi al valore record di 2 mila miliardi di euro, considerando
un tasso di interesse in media del 4% allora si determina un costo all’anno per interessi pari a 80 miliardi di euro, quindi un aumento dello
spread dell’ 1% si traduce in un costo aggiuntivo di 20 miliardi di euro
all’anno.
Ecco da cosa nasce la morbosa attenzione allo spread.
In parole semplici, se aumenta lo spread aumenta il costo
del debito pubblico e ci sono quindi minori risorse statali da destinare a
opere pubbliche o a ridurre le tasse che tutti paghiamo.
Stefano Martemucci
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